Guest post di Maura Corvace
Dopo tutta la bagarre dei giorni scorsi sul caso Rudy+Smart, a giudizi espressi da ogni dove dal mondo degli esperti, si può analizzare, forse e senza pretese, cosa succede quando un influencer viene consacrato da un brand.
Il popolo degli esperti della rete, sempre tanti e sempre più esperti, si sono spaccati fra ammiratori e odiatori (e se dovessimo parlare di un “brand-Rudy” diremmo lovers e haters): da un lato si è osannato, forse troppo dai nessuno scopre l’acqua calda, la mossa di marketing del ferrarese, dall’altra la critica che definisce quasi un accattonaggio il messaggio lanciato via social-etere.
La questione a mio avviso non è se il social manager abbia fatto bene o male a lanciare il suo grido di aiuto a una qualsiasi casa automobilistica quanto che una di esse abbia riconosciuto in lui un testimonial, perché di questo si tratta vedendolo dal lato azienda, in grado di pubblicizzare il proprio prodotto.
Come specifica Bandiera, i termini della cessione per un anno non sono stati ancora discussi, rimane però il fatto che l’eco sui social network è stata rilevante. L’evento diventa quindi di rilevanza perché sviluppa un processo dove dal personal branding si passa al testimonial del marketing più tradizionale.
Smart Italia non si é fatta sfuggire l’occasione di farsi avanti e sfruttare la popolaritá della social star, peró quali sono stati, ma soprattutto quali saranno i vantaggi a medio termine del brand automobilistico? Io mi immagino cosa succederá al primo guasto, che comunque non auguro, della piccolina di casa Daimler AG: aver scelto un influencer social potrebbe avere un effetto boomerang, e via tweet di derisione “Ecco perché te l’hanno regalata”, “Vedi che ci stava la fregatura”… Inoltre mi chiedo se, oltre all’istinto e alla voglia di essere “sul pezzo” ci sia una strategia: accaparrarsi un influencer social permetterá di irrompere nella cricca inespugnabile dei socialmediacosi che prontamente compreranno un’auto nuova? Ecco mi chiedo, perché non donare una smart a un’associazione di volontariato italiana, che di sicuro avrebbe apprezzato e avrebbe innalzato la brand reputation per un periodo ben superiore che il lampo che é oggi un hastag.
Non volendo togliere nulla alla professionalitá del protagonista della vicenda, ma ragionando sul personal brand la domanda che, come si suol dire, sorge spontanea è: diventare testimonial scredita il tuo ruolo di influencer? Si torcerà contro alla persona, a ciò che rappresenta sul web, aver accettato pubblicamente un prodotto?
La pratica di accettare o addirittura chiedere esplicitamente prodotti per recensirli/usarli in maniera piú o meno esplicita non é ovviamente un’ invenzione di ieri, nemmeno nel web (e Clio Make up ne ha parlato recentemente, qui il link), forse dare risalto alla figura di esperto social ha dato il via a una nuova era di promozione e ha dimostrato che si possono solamente “comprare” qualsiasi titpo di influencer.
Crearsi una reputazione è un compito assai arduo, e la brand reputation di un personaggio/persona sul web è alla mercè di qualsiasi bipede in grado di digitare frasi con una tastiera, l’evento accaduto nei giorni scorsi può averla intaccata, forse non in maniera irreversibile, ma qualche dubbio potrebbe averlo sollevato.
Maura Corvace
Curiosa di professione, designer della comunicazione per formazione. Mi sono specializzata nella comunicazione del brand con una malsana deriva politica. Da un sondaggio partecipatissimo è emerso che: inventività, determinazione, creatività e s..facciataggine sono le caratteristiche che mi descrivono al meglio.
TW: https://twitter.com/Pulch_
FB: https://www.facebook.com/maura.corvace