Intervista a Gabriele Carboni, ci parlerà della figura del Social Media Strategist, dell’importanza della comunicazione per l’internazionalizzazione delle PMI italiane, dell’agenzia Weevo e la web app Glouk.
Uno dei membri dello staff della redazione di Forbes Italia, Carlo Liguori, ha realizzato un’intervista a Gabriele Carboni, Digital Strategic Planner e Twitter Specialist; uno dei tre founder di Weevo, agenzia di comunicazione specializzata nell’utilizzo dei canali web a supporto dei processi di internazionalizzazione delle PMI; ideatore e Project Manager di Glouk, il primo strumento strategico per la gestione delle campagne marketing sui Social Media.
Ci parlerà dunque della figura del Social Media Strategist, dell’importanza della comunicazione per le PMI italiane, dell’agenzia Weevo e la web app Glouk.
Carlo: ” Social Manager Strategist: un profilo importante per qualsiasi B2B che ha voglia di espandere i suoi confini, però, Cosa manca alle PMI italiane per capire tutta la struttura della comunicazione digitale ?”
Gabriele: Cultura.
In linea di massima l’elemento che manca è la cultura del digitale. Non possiamo attenderci che un imprenditore sia un tuttologo, nella maggior parte dei casi conosce a fondo il suo settore e alcune cose che gli occorrono per meglio supportarlo, ma di rado incontriamo imprenditori che possiedono una buona conoscenza della comunicazione digitale. Spesso hanno anche un’idea un pò ristretta del concetto di “comunicazione” in generale. Il vero ostacolo non sta nella “non comprensione”, ma nel rifiuto a sforzarsi di approfondire il tema. C’è una chiusura mentale a quello che è digitale, classificato come “non tangibile” e quindi inutile.
C.: ” A meno che…”
G.: A meno che, per una serie di ragioni, l’imprenditore non abbia già avuto modo di avvalersi, per il ciclo produttivo ad esempio, di queste tecnologie, in altra forma. In questo caso l’opera di disseminazione risulta più semplice.
C.: ” In questo momento, è il Social Media più importante che qualsiasi altro strumento di marketing? “
G.: I Social Media sono sicuramente un canale di comunicazione fondamentale per le aziende, inseribili in qualunque strategia di qualsiasi settore. Rimangono però strumenti esterni all’azienda, che deve quindi cercare di convogliare l’utenza al proprio sito web, hub della comunicazione, dove i contatti possono essere trasformati in sales lead. E’ l’uso di un mix, che va calibrato volta per volta, che fa davvero la differenza. Quindi social ok, ma non solo.
C.: ” Come esperto di Marketing online e Social Media, come credi che incidono i tagli di investimento nel marketing del social media? S’investe meno? Ci sono attualmente aiuti del governo italiano affinché una PMI possa avere una presenza a 360º, mediante i canali digitali sul territorio nazionale e poter crescere? Cambierà qualcosa nei prossimi anni? “
G.: Purtroppo incidono in modo significativo. La situazione di crisi conclamata produce revisioni di budget e una delle prime voci a farne le spese è proprio la “comunicazione” nelle sue varie forme e declinazioni. Proprio quando invece si dovrebbe spingere di più…
Poco tempo fa è uscita una ricerca su questo tema, che sottolinea come le aziende italiane siano pronte ad investire nella comunicazione e in particolare sui Social Media. FONTE
Dal punto di vista “governativo” esistono dei bandi, a vari livelli (nazionale, regionale), ai quali è possibile accedere e che prevedono capitoli di spesa a favore della comunicazione digitale. Nella maggiorparte dei casi però si tratta di finanziamenti basati sulla rendicontazione delle spese fatte, quindi è tutto da anticipare, e spesso questo si trasforma in uno scoglio arduo da superare.
Più che incentivare l’uso dei social, vedrei meglio dei programmi concreti e seri per “alfabetizzare” le imprese circa tutti gli strumenti per la comunicazione digitale. Va anche detto, testimone il sottoscritto, che alcune volte, nonostante ci siano iniziative valide, sono le aziende stesse che non partecipano. Purtroppo è un momento molto duro.
C.: ” Se un libero professionista, freelance o una PMI dovesse scommettere per una strategia di marketing, in quale dovrebbe collocare la maggior parte degli sforzi economici e personali? Email marketing, Social Media, SEO, SEM….”
G.: Non esiste la strategia confezionata vincente. Esistono delle linee guida che aiutano a scegliere e individuare gli strumenti più consoni al raggiungimento del risultato. Il sito web, ad esempio, deve rispondere ai criteri di responsività, pena la perdita di porzioni di traffico significative.
Un libero professionista o un freelance metterà al centro la propria persona, mentre un’azienda dovrà dotarsi di una profilazione generale dal taglio corporate. La parte propedeutica con la quale stabiliamo target, posizionamento del brand e obiettivi, è fondamentale. Si parte da qui per stabilire il mix. E’ davvero banale dirlo, ma spesso ci troviamo di fronte ad aziende che hanno difficoltà a definire con chiarezza questi tre punti.
C.: ” Glouk, un progetto tuo e di altri 2 co founder di Weevo, una startup tutta italiana, non ha l’impressione che possa essere utilizzato da qualsiasi professionale, o le PMI iniziano ad avere un’idea più ottimista sul futuro che uno strumento tan “completo” ma anche non “facile da utilizzare”, possa essere la chiave della fase di crescita e quindi formare adeguatamente il personale? O si contratta specificamente personale esterno? “
G.: Glouk nasce come primo strumento strategico per la gestione della comunicazione su Twitter. Questa web app permette di analizzare dettagliatamente il proprio account Twitter, ma sono gli aspetti innovativi, derivanti dal motore semantico proprietario, a renderla uno strumento indispensabile per qualunque Social Media Strategist:
- ricerca semantica degli hashtag migliori per rendere i propri tweet virali;
- analisi degli hashtag dei competitor;
- pianificazione dettagliata dell’invio di tweet, menzioni e messaggi diretti;
- ricerca di account da seguire (following) in base ad argomenti predefiniti;
- controllo in tempo reale di conversazioni anche su singoli hashtag, per live tweeting ed eventi;
- categorizzazione semantica dei follower, che permette di attivare azioni di marketing mirate ai Sales Lead;
- analisi dell’account, degli influencer e della portata virale della comunicazione o dei singoli hashtag;
- divisione dei follower tra privati e aziende/professionisti;
- esportazione in Excel di tutti i dati.
C’è un mio recente articolo su cowinning.it, che spiega nel dettaglio le potenzialità di questo strumento. Date le funzionalità avanzate di Glouk, va da se che il target siano i Social Media Strategist, le Web Agency e in generale utenti esperti che debbano utilizzare Twitter a livello professionale.
Per il momento le aziende tendono a dare la gestione della comunicazione web in out sourcing, affidandosi ad agenzie come la nostra. Saranno ad ogni modo sempre di più le PMI che investiranno in risorse interne, che dovranno però essere estremamente preparate, possedere competenze orizzontali, e comunque supportate da un team, o ancora una volta da risorse in out sourcing. La chiave della comunicazione rimane sempre la strategia; uno strumento come Glouk può aiutare ad attuare la propria strategia, e trasformare i follower di Twitter in veri e propri Sales Lead.
C.: ” Ci potresti raccontare brevemente una case history, una di successo e un’altra d’insuccesso di strategie adottate di Social Media alle PMI? E con Glouk? “
G.: Abbiamo fortunatamente molti più case positivi che non negativi, partirei da questi ultimi. La strategia fallisce per due motivi molto semplici:
- Il target, il posizionamento, e gli obiettivi non sono chiari: es. target=area geografica generica, posizionamento=prodotto innovativo, obiettivo=vendere.
- I contatti raccolti non vengono sviluppati: una buona strategia porta contatti nel target, ma deve essere l’azienda a trasformare i lead in “gold”. Noi non facciamo i commerciali
Se invece la strategia è ben definita, si possono ottenere risultati ottimi, come sta succedendo per le campagne di Hardy, torrefazione italiana alla ricerca di nuovi mercati, e Denim, compagnia aerea olandese interessata a sviluppare il proprio mercato. Nonostante siano settori completamente diversi, i risultati ottenuti sono gli stessi: contatti nel target interessati a sviluppare business nel caso di Hardy, e potenziali clienti per i servizi di Denim. Sta a loro poi concretizzare in vendite.
C.: ” Adesso ti chiediamo che faccia d’indovino…;-), Secondo te, che sviluppi importanti vedremo nel futuro riguardante i social media? Per esempio, in un’ottica da qui a 5-10 anni? “
G.: Cinque-dieci anni sono un eternità. Se pensiamo che nel 2004 non c’erano Social Media e nemmeno gli Smartphone.
In questo momento stiamo vivendo la “rivoluzione” di internet degli oggetti; credo che questo potrebbe porre le basi per ciò che tra cinque-dieci anni dominerà la scena come oggi fanno i Social Media e gli Smartphone. Saremo ancor più connessi di quanto non siamo ora, e trasmetteremo molti più dati, riguardanti le nostre abitudini, la nostra salute, le preferenze alimentari ecc.
Il vero business sarà la manipolazione di questi dati, e immagino che i Social Media troveranno il loro modo di evolversi in questo scenario. Probabilmente saranno i siti web delle aziende stesse ad evolversi con il modello social, e dovranno fornire contenuti diversi e personalizzati in base all’utente, alla località e ai dispositivi utilizzati.
C.: ” Se una PMI, ma anche un piccolo imprenditore, sta pensando di contrattare qualche servizio di social media, come può identificare un esperto dei social media dal quale ci si può fidare? “
G.: Questa è un’ottima domanda, perchè come successe qualche anno fa con l’avvento dei siti web, dove ogni mattina qualcuno si “svegliava Web Master”, oggi succede la stessa cosa con i Social Media Strategist.
Con buona pace di figli, nipoti e cugini, da evitare sicuramente, questi ultimi sembrano gli interlocutori prediletti dell’imprenditore. A scapito di preparazione ed esperienza. Non me ne vogliano e sono pronto a ricredermi, ma per ora non è accaduto.
Credo che l’unica maniera di distinguere un professionista sia attraverso i suoi Case Study; oggi si tende a verticalizzare il proprio servizio, a trovare un mercato ben definito.
Weevo per esempio si occupa di comunicazione web per le aziende B2B, in particolare per quelle che intendono approcciare i mercati internazionali. Attraverso i case study, l’imprenditore può capire qual’è la specializzazione del proprio interlocutore, e chiaramente sarà portato a scegliere qualcuno che ha già lavorato nel suo settore.
C.: ” Molti lettori di Forbes Italia sono anche studenti o laureandi in discipline della comunicazione, social media, giornalismo, puoi raccomandare loro un libro o blog affinché possa avere idee chiare sul quel che sarà il loro futuro? O come si sta muovendo questo settore, rispetto alla situazione economica italiana, e globale, per dare loro un “respiro di sollievo” e continuare a credere in ciò che vorrebbero essere? “
G.: Agli studenti di comunicazione, consiglio Marketing Management di Kotler e Keller. A chi invece viene dal Marketing, consiglio blog come Social Media Examiner e The Next Web (in inglese), o il mio stesso blog.
Ad ogni modo, il consiglio più importante che posso dare è impostare una “strategia per se stessi”, quindi definire target e posizionamento per i servizi che si vogliono fornire. Una volta compreso questo, e non sarà facile, consiglio di trovare dei partner, dei soci con cui creare un’azienda, che siano complementari alle proprie competenze. Dopodichè rivedere la strategia della nuova compagine!
C.: ” Come creatore del tuo blog, gabbariele.weevo.it, pubblichi articoli sulla “comunicazione e social media per l’internazionalizzazione delle PMI” risaltando appunto come dovrebbe essere efficace questa parte della loro strategia di espansione, come devono affrontare questa fase, che consigli puoi dare per convincerli che è importante? In che percentuale scommettono sul futuro rispetto a quelli che dicono che non è importante ? “
G.: Il modello classico, ancora largamente usato, è quello di avvalersi di figure sul territorio (export manager) che hanno la funzione di antenna, scouting e sviluppo del mercato. A supporto, sulla base del budget stanziato, si attivano azioni quali la partecipazione alle fiere, la sponsorizzazione di eventi locali, etc. etc. Questo modello è decisamente costoso e non credo sia difficile intuire perché.
Noi crediamo ancora in questo modello: il territorio va presidiato dalle persone. Le persone parlano con le persone e fanno affari con le persone. Non cambierà mai questa attitudine perché è… umana.
Dove entrano in gioco gli strumenti del web? Il loro ruolo è quello di avvicinare le persone e fare in modo che decidano di incontrarsi per scoprire se possono sviluppare business. I Social Media raccontano di noi e, se usati in modo corretto, raccontano di noi utilizzando un linguaggio “locale” chiaro e ben comprensibile all’utente target. Il nostro obbiettivo è far si che l’utente passi allo status di interlocutore interessato e interessante per l’azienda che si sta promuovendo.
Attraverso i Social Media presentiamo la nostra azienda in un mercato nuovo e la supportiamo come se fosse effettivamente un’azienda locale. L’utenza in questo modo ci conosce, e la diffidenza nei confronti di un player proveniente da un altro Paese viene intaccata.
Rispondo alla seconda parte della domanda con una citazione di un manager HR olandesae raccolta durante la redazione dello studio Millward-Brown commissionato da Google del 2012:
“L’attuale generazione sta crescendo con i Social Media, non usarli vuol dire rinunciare alla possibilità di essere trovati”.
C.: ” Oggi, creare una start up è alla portata di qualsiasi persona, sempre e quando ci sia come base una “brillante idea innovativa”, e molte volte è un’alternativa al lavoro dipendente. Che consiglio daresti alle persone affinché possano partire con il piede giusto di mettersi in proprio o che si sono già lanciati? “
G.: Oggi creare una startup è quasi una strada obbligata se consideriamo il tasso di disoccupazione giovanile nazionale.
Purtroppo però le startup in Italia non esistono. Esistono neonate aziende che si danno da fare e se il mercato premia i loro sforzi sopravvivono. Altrimenti chiudono. Dico questo con una certa amarezza. Anche noi pensavamo di fondare una startup ma siamo tornati sulla terra molto in fretta. Ci sono incubatori, ci sono bandi, ci sono iniziative, ma alla fine tutto ha tempi biblici e percorsi tortuosi. Non siamo strutturati come Paese per le startup, non ci sono vere “regole” ma solo vorrei non posso. Se fatturi e guadagni vai avanti, altrimenti no. Naturalmente ci sono le eccezioni, ma quante sono e quanto pesano nell’economia generale?
I consigli che posso dare sono due:
- innovare seguendo il buon senso: un’idea innovativa se non ha ricadute concrete e tangibili sotto l’aspetto pratico non serve a nulla;
- pianificare, pianificare, pianificare.
Non lasciare nulla al caso. Ci saranno mille imprevisti e ostacoli di natura tecnica e burocratica, sarà dura nonostante abbiate cercato di prevedere tutto, figuriamoci se non lo farete.
L’imprenditore deve avere una visione di insieme e un’infarinatura di tutti gli aspetti della vita aziendale. E tanta voglia di farcela. Ma proprio tanta.
C.: ” Weevo, immagino che iniziò con lo stesso spirito d’iniziativa, con la voglia di “innovare”, ed aiutare a tante PMI nello sviluppo delle loro strategie di comunicazione. Ci sono timori di una possibile concorrenza? Cosa pensano di Weevo i tanti professionisti o agenzie di comunicazione in Italia? “
G.: In effetti cercando su Google “web e internazionalizzazione”, cominciano a spuntare altre agenzie che hanno capito l’importanza di questo binomio. Ma dove c’è concorrenza c’è mercato.
Cosa pensano le altre agenzie di noi? A dire il vero, non lo sappiamo. Non siamo certamente famosi!
Sappiamo però che non abbiamo perso clienti da quando abbiamo iniziato questa avventura e, questo, riteniamo sia un risultato apprezzabile
C.: Grazie mille per il tuo tempo, la tua disposizione e simpatia dedicata a questa intervista.
G.: Grazie a te e al team di Forbes Italia.